L’omosessualità e le Chiese, 2° parte.
Nella prima parte dell’articolo, abbiamo introdotto il discorso sul rapporto tra omosessualità e le Chiese (Cattolica ed Evangelica) partendo dalla dichiarazione fatta da Papa Francesco sulle unioni civili.
Vediamo ora quali sono gli argomenti che le persone religiose, e/o pseudo-spirituali che dir si voglia, mettono a difesa delle loro posizioni; vista la presenza praticamente costante di questi assiomi nei colloqui con le persone di Chiesa (Cattolica o Evangelica che siano), vale la pena affrontarle una per una:
L’omosessualità va contro la Bibbia.
Un passo della Bibbia del Vecchio Testamento che viene posto come condanna dell’omosessualità da parte delle Chiese è Genesi 19, la distruzione di Sodoma e Gomorra: “4 Ma prima che si fossero coricati, gli uomini della città, i Sodomiti, circondarono la casa: giovani e vecchi, la popolazione intera venuta da ogni lato. Chiamarono Lot e gli dissero: 5 «Dove sono quegli uomini che sono venuti da te questa notte? Falli uscire, perché vogliamo abusare di loro” (Nuova Riveduta).
Ancora, in Levitico 18:22 si legge: “Non avrai con un uomo relazioni carnali come si hanno con una donna: è cosa abominevole” (Nuova Riveduta). Qua si ritrova in effetti un concordanza in effetti nelle varie traduzioni.
Nella prima lettera ai Corinzi, cap. 6 versetti 9-10, si legge: “Non v’illudete; né fornicatori, né idolatri, né adulteri, né effeminati, né sodomiti, 10 né ladri, né avari, né ubriachi, né oltraggiatori, né rapinatori erediteranno il regno di Dio” (Nuova Riveduta). Nella Nuova Diodati si indica invece esplicitamente la parola “omosessuali”: “Non v’ingannate: né i fornicatori, né gli idolatri, né gli adulteri, né gli effeminati, né gli omosessuali, 10 né i ladri, né gli avari, né gli ubriaconi, né gli oltraggiatori, né i rapinatori erediteranno il regno di Dio”; tale parola tuttavia, manca delle altre traduzioni.
Ancora, si ha nella prima lettera a Timoteo, cap.1 versetto 10: “per i fornicatori, per i sodomiti, per i mercanti di schiavi, per i bugiardi, per gli spergiuri e per ogni altra cosa contraria alla sana dottrina […]”. Anche qui la traduzione della Nuova Diodati ci mette in mezzo la parola “omosessuali” esplicitamente intesa: “per i fornicatori, per gli omosessuali, per i rapitori, per i falsi, per gli spergiuri, e per qualsiasi altra cosa contraria alla sana dottrina [..]”
Da quanto citato, a prima vista, sembrerebbe che la Bibbia non lasci dubbi sulla condanna nei confronti della omosessualità; eppure la cosa non mi ha mai convinto fino in fondo: può mai il Dio di amore e di giustizia della Bibbia, soprattutto del Nuovo Testamento, essere così spietato nei confronti di chi non può scegliere il proprio orientamento sessuale? Oppure nei confronti di chi vive la propria omosessualità sinceramente, costruendo un autentico rapporto di coppia basato sull’amore e il sul rispetto reciproco per l’altra persona?
Credo che uno degli aspetti da tenere in considerazione, siano le traduzioni; senza addentrarci troppo in un terreno estremamente eterogeneo, pare comunque poco saggio strutturare un ragionamento atto a giudicare un orientamento sessuale basandosi sulle singole parole presenti in una traduzione. Se poi la Chiesa alla quale apparteniamo utilizza quella specifica traduzione che nomina più apertamente la parola “omossessuali” (come la Nuova Diodati), la frittata è fatta.
Il dubbio è certamente legittimo: perché la Nuova Diodati ha optato per questa definizione nei suoi testi quando era invece del tutto assente nella precedente versione ( la Diodati) e nelle altre traduzioni?
Se, ad esempio, si osserva la storia della traduzione Diodati o la complessità del numero delle versioni della Bibbia, possiamo avere quantomeno il sospetto che vicissitudini e interessi personali, nonché convinzioni del traduttore così come la sua cultura del tempo, possono aver influenzato la traduzione e indotto a usare un termine piuttosto che un altro. Non si spiegherebbe altrimenti perché ci siano così tante versioni di quello che dovrebbe essere un testo univoco.
C’è poi da considerare errata l’equivalenza che viene fatta tra il termine “sodomiti” del Vecchio Testamento e il modo in cui oggigiorno si intende l’omosessualità. In particolare in Genesi 19, quello a essere condannato non è un rapporto omosessuale basato su un sincero amore tra due individui ma l’atto carnale motivato da una volontà di perpetrare uno stupro o quantomeno di usare l’altro come un oggetto. E questo può essere vero tanto nelle relazioni eterosessuali come in quelle omosessuali.
A essere condannato quindi non è l’atto fisico in se per se ma la motivazione che ne sta dietro. I versi inerenti alla città di Sodoma dunque, invece di essere interpretati come una condanna dell’omosessualità, dovrebbe farci denunciare la pratica dello stupro al fine di umiliare, violentare e aggredire l’altro, uomo o donna che sia; nella Nuova Riveduta infatti si legge “abusare di loro”.
Ma c’è anche un’altra questione che mi inquieta nell’osservare quanta energia gli appartenenti a queste Chiese ripongono nell’attaccare l’omosessualità: il fatto che, parimenti, non pronuncino parola su quei passi della Bibbia che narrano comportamenti che al giorno d’oggi troveremmo a dir poco disdicevoli; basti pensare all’incesto/stupro perpetrato dalle figlie di Lot nei suoi confronti. In Genesi 19,30-38: “30 Lot salì da Soar per andare ad abitare sul monte insieme con le sue due figlie, perché temeva di stare in Soar; e si stabilì in una caverna, egli con le sue due figlie. 31 La maggiore disse alla minore: «Nostro padre è vecchio, e non c’è più nessuno sulla terra per mettersi con noi, come si usa in tutta la terra. 32 Vieni, diamo da bere del vino a nostro padre, e corichiamoci con lui, perché possiamo conservare la razza di nostro padre».
33 Quella stessa notte diedero da bere del vino al loro padre; la maggiore entrò e si coricò con suo padre; ed egli non si accorse quando lei si coricò né quando si alzò. 34 Il giorno seguente la maggiore disse alla minore: «Ecco, la notte passata io mi sono coricata con mio padre; diamogli da bere del vino anche questa notte e tu entra, coricati con lui, perché possiamo conservare la razza di nostro padre». 35 E anche quella notte diedero da bere del vino al loro padre e la minore andò a coricarsi con lui; egli non si accorse quando lei si coricò né quando si alzò. 36 Così le due figlie di Lot rimasero incinte del loro padre.”
Altro evento che mi lasciò molto perplesso fin da ragazzino: lo sterminio perpetrato più volte da Giosuè. Giosuè 10,38-39: “38 Poi Giosuè, e con lui tutto Israele, si rivolse a Debir e le mosse guerra. 39 La prese con il suo re e tutti i suoi villaggi; li passarono a fil di spada e votarono allo sterminio ogni essere vivente che era in essa; non lasciò alcun superstite […].”
Perchè dunque siamo così pronti a stigmatizzare dei comportamenti umani che non portano danno alla persona stessa e agli altri, mentre si sorvola bellamente su altri comportamenti riportati dalla Bibbia e che, a fare un paragaone, risultano davvero poco accettabili ai fini della giustizia e della morale?
In un sito di una Chiesa ho trovato, in calce a un articolo contro l’apertura all’accettazione della omosessualità, la frase “La Parola di DIO è verità assoluta!!!” e su questo nulla da eccepire; peccato che ad essere assoluto, per l’uomo, non è la “Parola di DIO” ma l’interpretazione che esso ne fa e che quindi varia da Chiesa a Chiesa, da epoca a epoca e da cultura a cultura. Perchè questo? Perchè, come abbiamo già accennato, l’uomo ha bisogno di certezze. Pensiamo a Galileo e alla sua conferma della teoria copernicana: costretto ad abiurare da un sistema di credenze secolari, le quali –seppur errate formavano i capisaldi della società dell’epoca. Ecco dunque perchè, una traduzione della Bibbia e la sua personale interpretazione, possono diventare basi per un campanilismo quasi politico, per non dire calcistico, dove si perde la finalità della religione e della spiritualità a sfondo umanistico quale era il Cristianesimo originario: l’amore di Dio e dell’uomo per il nostro prossimo.
Ma allora perchè non accettare serenamente che non tutto della Bibbia può esserci chiaro e, come unità di misura per i nostri comportamenti, usare la nostra coscienza? Cosa ci aiuta a discernere il bene dal male? La risposta può essere la consapevolezza che “bene” è tutto ciò che è al servizio della Vita, dello sviluppo, della formazione come individui completi (questa è, insieme a Dio, l’unica Verità assoluta), mentre “male” è tutto quello che impedisce tutte queste cose, che separa, che frammenta, che crea dipendenza.
L’omosessualità è contro natura.
Chiamiamo contro natura quello che avviene contro la consuetudine; non c’è niente se non secondo essa, qualunque cosa sia.
Michel De Montaigne, 1582.
Una spiegazione “classica” dell’avversione nei confronti dell’omosessualità, è che questa sarebbe “contro natura”: disputa tanto antica quanto paradossale, che contrappone una natura “cattiva” a una natura “buona”, dimenticando che l’omosessualità “esiste” nella natura sia umana sia animale, e rimuove il fatto che c’è sempre una cultura che decide che cosa sia la natura1 . Nella natura infatti non c’è un “buono” o un “cattivo”: il leone che insegue la gazzella non è cattivo; il criceto che mangia i suoi cuccioli quando la nidiata supera le otto-nove unità per distribuire meglio le risorse ed assicurare la sopravvivenza della specie, non è un degenerato: sono comportamenti frutto di milioni di anni di evoluzione genetica e di adattamento all’interno della Natura.
E’ l’uomo che, proiettando su questi comportamenti le sue emozioni e i suoi valori dettati dalla cultura in cui è nato, rende “cattivi” o “buoni” questi eventi. Quindi il “bene” e il “male” sta nella persona che vede, non nell’evento a cui assiste. “Ma allora” –potrebbe obiettare un detrattore di questo ragionamento- “anche l’uomo che uccide il proprio simile più debole per vivere lo potrebbe fare in base a questo ragionamento!”. No, perché qua entra in gioco il dono che distingue l’uomo dall’animale: la coscienza del bene e del male (si veda il punto 1); io so che l’altro è in pericolo, provo empatia per lui, so che una mia azione può farlo stare meglio, so che se stabilisco una società più giusta ed equa, probabilmente le risorse basteranno per tutti. Ecco perché un uomo non mangerebbe i suoi figli: sa che adoperandosi per qualcosa di buono, può contribuire alla vita e allo sviluppo di tutti. Ma l’ orientamento sessuale, anche nella sua forma omo, è una così grande minaccia alla vita? Perché non usiamo la consapevolezza per riuscire a scovare delle nostre difficoltà dietro la resistenza di accettazione? Non inseguiremmo mai un individuo più debole per mangiarlo come fa il leone con la gazzella; ma allora perché ghettizziamo così tanto chi è omosessuale?
L’omosessualità è una malattia genetica.
Altro mito da sfatare. “Richard Isay afferma che l’omosessualità, come del resto l’eterosessualità, è il risultato dell’incontro tra assetti biologici e sviluppi evolutivi. Essere omosessuali, dice Isay (1989,1996) sarebbe insomma un fatto costituzionale. Diventare gay o lesbica, invece, è un percorso psicologico in cui le relazioni e il contesto giocano un ruolo fondamentale”2.
E ancora: “lo stesso Dean Hamer, autore di uno degli studi più noti sulla genetica dell’omossessualità (vedi Hamer, Copeland, 1995) evidenzia che ogni orientamento sessuale, omo o etero, è talmente complesso che nessun fattore può esserne completamente responsabile.”3 Fa eco a questi concetti il seguente estratto: “Gli studi sull’origine dell’omosessualità hanno dato luogo principalmente a due filoni, le teorie biologico-genetiche e quelle psicologiche-psicodinamiche. Per quanto concerne le prime, non esistono dati univoci e convincenti”4 .
L’omossesualità è una scelta.
Questa è un’affermazione capziosa. In effetti, se non si sa bene quale sia la genesi di un orientamento sessuale e se la migliore risorsa che che abbiamo è una ipotesi sul coinvolgimento di fattori genetici e relazionali, come facciamo ad affermare che una persona possa scegliere di decidere il proprio orientamento sessuale? Possono, le persone che affermano tale falsità, scegliere di farsi piacere un cibo che non è loro gradito? Ma poi, se una persona è genuinamente soddisfatta del proprio orientamento sessuale e non arreca danni a se stessa o ad altri, perché dovrebbe scegliere di cambiare, ammesso e non concesso che si possa fare?
Gli scienziati potevano dire quello che volevano finché non entrassero in contrasto aperto con quello che diceva la Bibbia.
A. Barbero sul processo a Galileo, Raistoria, a.C.d.C. Edizione Speciale Storia del mondo, 2020
L’omosessualità distrugge i valori della famiglia etero e dunque della società.
Io qui ci sento solo tanta paura di perdere il controllo sul mondo che ci circonda facendoci la fantasia di trovarci circondati da una società nella quale non sapremmo come muoverci. Dato però che l’uomo ha ben molta difficoltà ad ammettere la propria paura e a gestirla, la morale viene usata come scudo verso il quale nessuno può nulla. Se poi è addirittura la “volontà di Dio”, beh, di fronte a Lui, chi oserebbe contestare alcunché?
I figli crescono male in una famiglia omogenitoriale.
A sconferma di questo altro finto assioma, potremmo riportare lo studio tutto italiano effettuato dai ricercatori dell’Università La Sapienza di Roma, guidati dal professor R. Baiocco il quale afferma: “in linea con quanto dicono gli altri studi realizzati fin’ora. Non risultano differenze nello sviluppo psicologico e sociale di un figlio sulla base di come è composta la coppia di genitori”5. Lo studio è partito da un gruppo di 70 padri gay resi tali attraverso la maternità surrogata, 125 madri lesbiche rese tali attraverso l’inseminazione di donatori e 195 coppie di genitori eterosessuali formate tramite concepimento spontaneo, tutti con bambini di età compresa tra 3 e 11 anni e residenti in Italia.
Queste persone sono state confrontate in base all’adattamento psicologico dei bambini, al loro comportamento prosociale, all’ efficacia genitoriale, all’adattamento diadico (che valuta il grado di felicità o infelicità percepito nella coppia), alla coesione familiare e alla flessibilità nelle relazioni. Sono state anche testate le associazioni tra le strutture familiari, i processi familiari e gli esiti sulla salute dei bambini.6 Il pericolo più grande per i figli delle coppie omosessuali, sembra essere la stigmatizzazione che i loro genitori spesso subiscono da parte dell’ ambiente sociale esterno.
E’ un risultato che francamente non mi sorprende: nella cornice teorica dell’attaccamento, a contare è la relazione col principio maschile e femminile che comunque è presente anche all’interno della coppia omogenitoriale (sui principi maschili e femminili vedere questo articolo. Se la coppia omosessuale riesce a creare un ambiente sano, accogliente, sensibile ai bisogni del bambino, capace di riconoscerlo nelle sue autentiche espressioni di sè e capace di sostenere quel processo di sintonizzazione affettiva (Stern, 1985) sia all’interno della coppia omogenitoriale che nella relazione col bambino, allora si creeranno le basi per una crescita sana del giovane individuo. A conti fatti, ci possono essere coppie omogenitoriali che “funzionano” meglio di una classica coppia etero in quando a serenità del clima familiare.
Una cosa è comunque certa: su questo tema, le discussioni (anche accademiche) difficilmente troveranno requie in tempi brevi.
L’omosessualità è presente nel regno animale? Ok, ma l’uomo non è un animale.
Le differenze tra il genoma umano e quello dello scimpanzé, sono nell’ordine del 1-2%. Vale a dire che i geni dell’uomo e della scimmia comune, sono uguali al 98-99%7. Ok, messa in questi termini la questione è ridotta a una banale semplicità che non rende giustizia alla complessità del tema e dato che non sono un biologo, vi invito a guardare questo simpatico video (potete scegliere i sottotitoli in italiano). La conclusione è comunque la stessa: è fuori di dubbio che abbiamo molte cose in comune con gli altri esseri del creato. E qui sorge un altro insormontabile problema quando si parla con le ferventi persone delle Chiese: capiscono che l’uomo risponde alle leggi della biologia (se si fratturano un osso, possono arrivare a comprendere il meccanismo di rigenerazione ossea), ma cadono in totale confusione (e negazione) quando si parla di evoluzione e di DNA in comune con altri esseri. Secondo questa visione, il funzionamento dell’uomo, a livello medico-fisiologico, è descritto dalla biologia sì, ma fino a un certo punto. Quale sia, non si sa.
A parte queste “inezie”, la domanda rimane: se l’omosessualità è presente in tutto il regno animale, perchè dovrebbe essere (secondo il concetto di natura “buona”/”cattiva” decisa dall’uomo di cui al punto 2) del tutto assente dall’uomo? Eppure l’uomo, come tutte le creature, ha gli stessi bisogni di base secondo i suoi istinti che –guarda un po’- sono ancora presenti negli uomini così come negli animali.
Attenzione: non sto dicendo che l’uomo è pari a un animale, tout court (si veda il punto 2). Nell’uomo si produce la facoltà della coscienza e della consapevolezza, uno dei capisaldi de L’Albero Bianco, cosa che ovviamente non è presente negli animali. Tuttavia conserviamo in noi delle tracce del nostro passato biologico che non possiamo ignorare; farlo significherebbe frammentare l’uomo, non considerarlo nella sua interezza. E la frammentazione porta sempre alla (psico)patologia.
Considerazioni finali.
Potremmo discutere all’infinito, a livello razionale, sui vari versetti della Bibbia, sulle teorie scientifiche etc. etc., eppure io credo che alla fine il livello utile non sia questo. Ogni considerazione razionale può essere confutata da un’altra considerazione razionale proprio perchè si arriva a un punto dove non c’è un riferimento fisso e univoco. Quale può essere dunque la bussola che guida l’individuo? La ricerca della consapevolezza di ciò che favorisce lo sviluppo della persona rispetto a ciò che lo impedisce. Chi si rivolge a pseudo-psicoterapeuti (o peggio) collusi con queste comunità religiose o laiche per ottenere la “normalità” -ossia diventare etero se si è omo- anche se non ha problemi nel viversi il suo orientamento sessuale ma lo fa solo per non rimanere isolato, sta facendo una scelta che va contro il suo sviluppo. Le scelte vanno fatte nella libertà, non nella paura.
Ho sentito inoltre, alle riunioni di queste comunità, parole come “amore”, “cambiamento positivo”, “comunione”, “accoglienza” etc. etc.; ma è vero amore imporre un cambiamento a qualcuno che non lo richiede solo perché esce fuori dai nostri schemi comportamentali? Ho sentito contraddizioni come “e’ una battaglia di amore. Dobbiamo amare di più altrimenti vincerà la comunità LGBTQ+“. Dov’è l’orrido? Nel fatto che si possa mettere nella stessa frase le parole “amore” e “battaglia”: da quando in qua si può trasmettere amore tramite la lotta? L’amore è cooperazione, non competizione, altrimenti non saremmo così diversi dai crociati che andavano a imporre il Vangelo agli infedeli islamici a suon di spada!
“Ti amo sì, e ti amo anche se non vuoi cambiare……però se cambi è meglio! Ma non lo dico per me, eh, lo dico per te“. Magari quella persona starebbe benissimo la stigmatizzazione sociale e riuscirebbe a creare rapporti d’amore migliori di quelli che non si vengono a creare tra coppie etero.
Questo è praticamente quello che accade in queste comunità religiose. Ma è amore condizionato o incondizionato? Non è forse manipolazione e controllo questo? O non sarà forse che sotto sotto abbiamo solo paura del “diverso”? Quel diverso che non riusciamo a capire e a incasellare quindi a non controllare?
Note.
1: Remotti, 2008; Bagemihl, 1999; Nussbaum, 2010 citati da V. Lingiardi, La personalità e i suoi disturbi, Raffaello Cortina Editore, 2014, pag. 190.
2, 3: V. Lingiardi, La personalità e i suoi disturbi, Raffaello Cortina Editore, 2014, pag. 186.
4: Manuale di psichiatria, F. Giberti, R. Rossi, Ed. Piccin, 2009.
7: https://it.wikipedia.org/wiki/Geni_specifici_di_Homo_sapiens#Differenze_dell’1-2%_tra_genoma_umano_e_genoma_dello_scimpanz%C3%A9