Come ascoltare i bambini che non sanno ancora parlare.
I temi di questi articolo sono stati argomenti di un incontro del corso “Percorso di accompagnamento alla nascita” che si è tenuto presso il Consultorio Familiare di Setteville di Guidonia (Roma) dell’ASL Roma 5.
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In un articolo precedente, abbiamo introdotto la Comunicazione Non Violenta (CNV) di M. Rosenberg e il Metodo Gordon di T. Gordon nella pratica della relazione tra genitore e figlio. In questo articolo invece, andremo a riprendere alcuni concetti già esposti per poi estenderli alla relazione con bambini piccoli che ancora non sanno parlare o che, pur iniziando, non sono ancora in possesso di un linguaggio articolato.
Facendo riferimento all’articolo sopra nominato per ulteriori approfondimenti, ci domandiamo: “ Qual è la caratteristica delle relazioni basate sull’ascolto? ”.
Il potere.
Certamente la caratteristica più importante è quella di intendere le relazioni umane basate sul “ potere di…potere con… ” piuttosto che sul “ potere su… ”.
Il “potere su…” è quel potere esercitato sulla persona che la porta a essere schiacciata, strumentalizzata, coercizzata, guidata forzatamente e massificata. Il “potere su…” crea una competizione che si pone come la base di tutte le lotte di potere per accaparrarsi risorse, premi, evitare punizioni e ritagliarsi un minimo di libertà strappata con forza all’altro individuo. La personalità dell’individuo sottomesso passa in secondo piano.
Nella slide possiamo vedere il “potere su…” simbolicamente rappresentato dal dittatore per antonomasia. Chi agisce nell’ambito del “potere su…”, tratta gli uomini come strumenti per placare la sua insicurezza e impone le proprie regole di comportamento al fine di soddisfare la propria ambizione o le proprie nevrosi (in certi casi addirittura psicosi). L’altra persona dunque, non è vista come una Persona fine a se stessa, ma come un oggetto utile al raggiungimento dei nostri scopi.
Come afferma A. Mercurio, la Persona è “un principio spirituale unificatore, dotato di libertà e identità propria, che è fine a se stesso e a nessun altro, i cui elementi costitutivi sono: la capacità di amare se stesso e la capacità di amare gli altri” [1].
Purtroppo questo modo di rapportarsi non è tipico solo dei disturbi di personalità come quello narcisistico, borderline o antisociale ma tutta la nostra società/cultura sembra ormai essere basata su tale assunto di base.
Al capo opposto troviamo invece il “potere di…potere con…” dove la relazione tra uomini si basa sulla cooperazione e non sulla competizione. In questo caso, il potere è utilizzato per far sviluppare la personalità dell’altro, per accoglierlo empaticamente e per permettergli di crescere secondo le sue peculiarità e le sue caratteristiche. L’altro viene dunque riconosciuto come Persona e non come una cosa da utilizzare.
Empatia e amore incondizionato.
Il “potere di…potere con…” non potrebbe realizzarsi se non tramite l’empatia – definita da Rosenberg come uno “svuotare la mente e ascoltare con tutto il nostro essere” – e per la presenza dell’amore incondizionato tipico dell’amore materno.
Ascolto passivo e attivo.
Empatia ed amore incondizionato portano all’ascolto, una azione che Gordon divide in due modalità: ascolto passivo (fatto di silenzi accettanti l’altro senza intromettersi con soluzioni spicciole, inappropriate e superficiali) e un ascolto attivo (fatto di parole che riflettono, confermano e riconoscono i sentimenti altrui).
Come ascoltare i bambini che non sanno ancora parlare?
La comunicazione tra individui non avviene solo tramite le parole ma anche e soprattutto attraverso la comunicazione non verbale e paraverbale. Che vuol dire? Che non conta solo quello che di razionale veicoliamo con le parole ma anche come lo diciamo (volume, intonazione e velocità della voce, una certa distanza dal nostro interlocutore, certe espressioni facciali, una postura particolare etc. etc.)
A questo punto la domanda sorge spontanea: come ascoltare i bambini che non sanno ancora parlare? Pare ovvio che con i neonati o comunque con i bambini che non sanno ancora parlare, tolta la possibilità di interagire con lo strumento verbale, non rimane che usare quello non verbale.
Il primo assioma degli studi sulla comunicazione di P. Watzlawick, afferma che è impossibile non comunicare[2]. D’altro canto, diversi studi hanno dimostrato che il neonato è un essere che ha delle capacità comunicative, adattative, reattive e risolutive non precedentemente considerate.
Nel 1972, A. Mehrabian, psicologo, effettuò una serie di studi sull’influenza delle componenti della comunicazione -quali la non verbale, la paraverbale e la verbale- arrivando ad affermare che la prima ha un’influenza del 55%, la seconda del 38% e la terza solo del 7%. Questo significherebbe sostanzialmente che ciò che esprimiamo con il comportamento non verbale e paraverbale, contribuirebbe di più delle parole nella trasmissione di certi messaggi. Uso il condizionale perché questi studi e i loro risultati, sono stati fortemente criticati per via della metodologia usata o comunque travisati rispetto alle intenzioni dello studioso[3]; vale tuttavia la pena menzionarli.
Al di là delle varie interpretazioni, anch’esse contrastanti, che girano nell’ambito didattico su questi studi, è comunque chiaro empiricamente a tutti, che il linguaggio non verbale ha la sua importanza soprattutto nei confronti di quei soggetti che non possono (ancora) parlare.
Come capire cosa disturba un neonato agitato e lamentoso?
Detto questo, come fa un genitore a capire cosa disturba un neonato agitato e lamentoso? Una possibile soluzione è co-costruire (ossia costruire insieme al neonato), una comprensione specifica di quel bambino ascoltandone i messaggi nonostante siano di tipo non verbale. In questa fase, la pazienza, l’amore incondizionato, il rispetto dei suoi bisogni e l’empatia, sono dei fattori fondamentali da mettere in pratica. Nella slide precedente possiamo osservare un esempio di interazione tra genitore e figlio che si basa su tentativi ed errori in cerca di una sintonizzazione via via crescendo.
Esempio di NON ascolto.
Dopo aver visto un esempio di ricerca di sintonizzazione basato sull’ascolto delle necessità nel neonato, possiamo, per contraltare, osservare un esempio di non ascolto nella slide successiva:
Esempio di ascolto.
L’ascolto attivo è certamente utilizzabile anche quando il bambino cresce, comincia ad esplorare il mondo attorno a sé e comincia a parlare:
Nella slide precedente si vede esattamente come la mamma utilizza l’ascolto attivo entrando in empatia e risonanza con le azioni e con i messaggi non verbali che il figlio le comunica.
Continuando a parlare di messaggi non verbali, è importante sottolineare che questi sono emessi anche dal genitore stesso (è impossibile non comunicare, ricordate?). T. Gordon evidenzia, con la citazione successiva, che intervenire immediatamente nel bisogno del bambino senza che il bambino provi prima di tutto a trovare la soluzione da sé, ci espone al rischio di diventare invasivi. Potremmo involontariamente comunicare, non verbalmente e certamente senza volerlo, che il bambino non sia capace di affrontare il mondo andando a minare la sua sicurezza di base e la sua autostima.
La relazione genitore-figlio non deve essere perfetta!
La cosa importante (e qui ci riagganciamo all’articolo precedente) è tenere presente che la relazione genitore-figlio non deve essere perfetta: D. Winnicott, importante pediatra e psicoanalista, non a caso parla di necessità di “mamma sufficientemente buona” e non certo di “mamma perfetta”[4].
Non abbiate paura di sbagliare qualcosa nella relazione con vostro figlio. I nostri figli lo sanno bene che non siamo perfetti e anzi, lo sbagliare senza farne un dramma ponendoci in un’ottica riparativa, ci consente di insegnare loro (non verbalmente!) che si può sbagliare, che ci può essere riparazione all’errore e che si può accettare la propria umanità imperfetta. Questi concetti contrastano certamente con quello che ci insegna la nostra società consumistica sempre più perfezionista ma anche sempre più alienante e disumanizzante.
I traumi, derivanti da una relazione non sana che può vivere il bambino , non sono certo dovuti a degli errori estemporanei che il genitore può commettere e che poi si occupa attivamente di riparare.
Il sistema diadico madre-bambino si sviluppa attorno a degli eventi giornalieri in seguito ai quali si struttura una sintonizzazione via via crescente. É irreale pensare che questa sintonizzazione possa essere sempre positiva: ci saranno senza dubbio delle “rotture” che saranno però seguite da “riparazioni” come ci dicono gli psicologi dell’Infant Research.
La Comunicazione Non Violenta (CNV) nella relazione genitore-figli.
Ci sono dei concetti molto importanti poi, sempre inerenti la qualità delle relazioni di tipo accogliente e non violento, che abbiamo trattato nel precedente articolo: i 4 fondamenti della Comunicazione Non Violenta (CNV), crescere i bambini tra i due poli della coercizione e della permessività, esempi di colloquio basati sul Metodo Gordon, uso della forza nell’educazione e difficoltà comuni nell’applicazione della CNV.
Note.
[1]: A. Mercurio, Teoria della persona, Ed. Costellazione di Arianna, 1992, 4a di copertina.
[2]: https://it.wikipedia.org/wiki/Assiomi_della_comunicazione
[3]: https://en.wikipedia.org/wiki/Albert_Mehrabian
[4]: https://it.wikipedia.org/wiki/Donald_Winnicott#La_madre_sufficientemente_buona